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SLUT SHAMING e le chiavi di Zoccolandia.

Aggiornamento: 17 mag 2022

Shame: vergogna, colpa, imbarazzo.

Slut: solo uno dei tanti modi per dire tr*ia.


Cosa è lo slut shaming?

È quella pratica sociale che consiste nel colpevolizzare le donne in relazione alla loro vita sessuale, al loro modo di vestire, al loro comportamento.

Alla base c’è il giudizio sulla moralità della donna in questione, che è strettamente legata alla sua “condotta sessuale”.


La maggior parte di noi è cresciut* in ambienti fortemente patriarcali, sessisti e religiosi.

Quello che sottovalutiamo è l’impatto che questi fattori hanno avuto sulla nostra visione della sessualità e del ruolo della donna. E che sono alla base del DOPPIO STANDARD.


Cosa si intende per doppio standard?

Si intende quel meccanismo sociale che tende a giudicare un’azione con due pesi e due misure, in relazione a chi la compie. Nel caso dello Slut Shaming, tutto gira intorno al sesso.



Ma parliamo un attimo dell’importanza delle parole.

Sull’appellativo zoccola, nel femminismo contemporaneo, si affermano due visioni: la prima è quella che impone l’abolizione della parola zoccola (e tutti i suoi infiniti sinonimi) dal linguaggio universale perché incrementa la cultura dello stupro. L’altra invita alla rivendicazione di tali termini, e quindi ad usarli per autodeterminarsi, per dargli valore politico, accezione positiva e rivendicare i propri diritti.


Tutte le etichette sociali hanno questa ambivalenza, creano discriminazione e sono offensive se sono gli/le/lu altr* ad affibbiarcele, hanno potere di autodeterminarci e di liberarci, se siamo noi ad usarle con noi stess*. Specie se queste etichette sono rappresentate da una terminologia “offensiva”.


MA LO SLUT SHAMING È UNA QUESTIONE DI GENERE, PERCHÈ?

Per questione di genere si intende il fatto che una categoria, (in questo caso quella delle donne), risenta di una problematica maggiormente rispetto le altre. E che è proprio il genere di appartenenza a influire sull’accrescimento0 di tale problematica.


Quindi, oltre al fatto che non esistano corrispettivi del termine “tr*ia” per fare riferimento a soggetti di sesso maschile, alla base ci sono:


-la condotta morale che ci hanno propinato da sempre

-il ruolo della donna all’interno della società

-la donna e il concetto di sessualità.


Mi spiego meglio: da sempre ci hanno inculcato che la nostra condotta sessuale, il quantitativo di sesso fatto e il modo in cui ci approcciamo al sesso, determina come siamo, la percezione che gli altri hanno di noi e la nostra credibilità, specie se si è donne.

Le donne passano l’intera vita a sentir minata la propria credibilità, a cercare rispetto, a contare fino a dieci prima di compiere un’azione e chiedersi quali saranno le conseguenze, quale impatto avrà ogni singola scelta sull’opinione pubblica o sulla sua rispettabilità.

Ma è ovvio che il problema alla base sia uno: il patriarcato. Le norme sociali di impronta patriarcale, purtroppo, sono implicite in ognuno di noi. Tanto che sono fermamente convinta che tutty noi abbiamo fatto Slut-shaming almeno una volta nella vita.


Del resto, provate ad immaginare quante donne si sentono costrette a mettere al primo posto la loro credibilità sacrificando il loro piacere. Quante donne si privano di rapporti occasionali, al primo appuntamento o fuori di una relazione per evitare di macchiare la loro “reputazione”?

Quante donne che provano a vivere liberamente la propria sessualità finiscono per darsi della zocc*la da sole?

La risposta è: TANTISSIME.


Basti pensare a quante donne si privano di esperienze legate al BDSM perché alcune pratiche sono considerate “Degradanti”, e forse la parola chiave è proprio questa, DEGRADANTE.

Tutto torna al punto di partenza: stabiliamo cosa è degradante in base a valori morali e di condotta che hanno origine da norme socio-patriarcali, che ci dicono come dovrebbe e come non dovrebbe comportarsi una “vera” donna. Ma questo non è solo un altro modo per controllare il corpo della donna? E se queste distinzioni tra degradante e non degradante sfociano pure in ambiti femministi? Ci sono un sacco di dichiarate femministe che, nonostante siano donne e quindi a loro volta vittime della stessa sorte, sono pronte a dire cosa dovrebbero fare o meno le donne (e le femministe), cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è degradante e cosa non lo è. In pratica, pure chi dovrebbe dare supporto in realtà fa slut-shaming, e quindi mi tocca citare bell hooks: “Il patriarcato non ha genere”. E come darle torto.


Infatti sono proprio le donne ad essere pronte a dare della troia alla prossima, quando basterebbe darle della stronza. Che poi vorrei dire, se una tizia si scopa il vostro fidanzato, il problema è il vostro fidanzato. Giusto per fare un esempio. Prendersela con "la troia" è come rimproverare il tappeto perché il cane c'ha pisciato sopra.

Aprite gli occhi e smettete di giudicare chi e ciò che vi circonda accecat* dall'amore, dal patriarcato o da entrambe le cose insieme.


 


A questo si aggiunge una visione sociale totalmente errata della sessualità, e torniamo a parlare di doppio standard: la sessualità per il genere maschile è lecita. Così come è lecito che ne parlino, che si vantino delle loro “conquiste”, delle loro prestazioni, è dato per scontato che loro siano sempre pronti, disponibili (machismo tossico ne abbiamo? Tutto questo è solo e sempre patriarcato, che oltre a non avere genere colpisce tutty indistintamente). Che loro abbiano bisogno di “sfogarsi”, di soddisfare i propri istinti animaleschi, e di conseguenza, a volte, che siano pericolosi, dei predatori e così via. Ma di base un uomo con tante partner sessuali è un figo, UN MASCHIO ALPHA.


Per le donne è diverso: non solo si viene etichettate come tr*ia (in senso negativo) se fai molto sesso, o se solo ne parli liberamente, ma è anche “assurdo” che una donna possa aver voglia di fare sesso solo per puro divertimento o per goderne (esattamente come si presuppone funzioni per i ragazzi). E la cosa più assurda è che spesso il voler fare sesso per divertimento, implica che una donna ha problemi di altro tipo, esempio: bassa autostima, traumi personali, mancanza di rispetto per se stessa, la mancanza di valori, di amor proprio e così via. Insomma, una vera e propria manipolazione psicologica.

E tutto questo è amplificato dai social media. Anche se su questa affermazione ho innanzitutto bisogno di specificare due cose:

- per quanto mi riguarda, ogni essere umano, può fare quello che vuole (nel rispetto del prossimo) quindi non ci vedo nulla di male sul pubblicare la foto di un culo, di una tetta, dell’essere erotici sui social, sulla ricerca di attenzioni di un certo tipo, di esibizionismo. Se tutto ciò non ti piace, smetti di seguire quell’account. Siamo noi a scegliere cosa vogliamo vedere sui social.


- l’esibizionismo sui social non implica la disponibilità del soggetto che si espone. E ragazz*, voi non avete idea di quello che si prova a stare da questa parte. Non necessariamente chi si espone sui social lo fa per ricevere complimenti, tanto meno giudizi. Non vuol dire che è dispost* ad un approccio intimo o confidenziale, non è detto che sia un* sex worker, di sicuro non vuole vedere peni non richiesti in chat, e così via. In poche parole, non rompete le palle - o le ovaie- alle persone esibizioniste, lo fanno per loro, non per voi. Per tutto il resto ci sono piattaforme apposite, ma hey, il sex working è un lavoro, quindi siate pront* ad uscire soldi!

"Ci sono persone nel mondo che semplicemente non accetteranno o non rispetteranno mai una persona - in particolare una donna - che fa tanto sesso, o che parla apertamente di sesso, e può uno spreco di energia anche solo provare a farle cambiare idea. Ma voglio dire, chi se ne importa, non si deve piacere a tutti, giusto? (Infatti, se tutti piacessimo a tutti, significherebbe che saremmo inoffensivi in maniera preoccupante, quindi noiosi)."


Karley Sciortino


Ma allora come si combatte lo Slut Shaming?

Beh, non c'è un metodo, secondo me la soluzione migliore è fare il cazzo che si vuole, con consapevolezza, rispetto per il prossimo e in sicurezza:

Vuoi fare sesso? Fallo.

Vuoi fare sesso kinky? Fallo.

Vuoi non fare sesso? Non farlo.

Vuoi fare sesso al primo appuntamento? Fallo.

Vuoi fare sesso con un* sconosciuto/occasionalmente/senza avere una relazione? Compra i preservativi e fallo!


L'unica cosa veramente importante è il consenso. Se c'è quello, fregatene delle opinioni altrui e non essere la prima ad etichettarti. Anzi, se proprio vuoi farlo, fallo rivendicando il termine zoccola.


Se oggi essere zoccola vuol dire essere una donna libera da pregiudizi, che vive serenamente, responsabilmente e in libertà la propria vita sessuale, che non ha problemi a dire di provare piacere e di divertirsi nel far sesso, che lo fa solo quando, come, con chi vuole e tutte le volte che ne ha voglia, beh, sono una zoccola e me ne vanto!

Il mio essere zoccola, non ha solo a che fare con la mia libertà, ha proprio valore politico. È un modo per dire basta all'oppressione, ai pregiudizi, alla discriminazione di genere, alla sessuofobia. È un modo per dire che questa società mi ha frantumato le ovaie.


In foto la punk riot grrrl Kathleen Hann, leader della band Bikini Kill, 1992.










P.S.: il fatto che io mi stia etichettando da sola come una zoccola, non autorizza Te (o chiunque altro) a definirmi tale.


Ricordiamoci sempre che si tratta di AUTODETERMINAZIONE e se decidi di autodeterminarti come zoccola, prentendi il medesimo trattamento. E in quel caso, BENVENUTA A SLUT & THE CITY, hai ufficialmente le chiavi di Zoccolandia!



P.P.S: ricordatevi che l'unico femminismo è quello che tutela tutt*, la libertà individuale, che non fa distinzione di genere, sesso, orientamento sessuale, classe sociale, orientamento politico, etnia ecc, e che scardina i tabù dal sesso. Perché la libertà passa anche per il corpo e ognuno con il proprio corpo può farci quello che vuole.

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